PERSONALE DI PITTURA DEL PITTORE SUBLACENSE
BENEDETTO TOZZI
ROMA GALLERIA "LA FONTANELLA"- VIA DEL BABUINO - DICEMBRE 1953
ALCUNE NOTE CRITICHE
(da il quotidiano - La Giustizia - 6 dicembre 1953)
Tozzi è oggi alla sua prima mostra personale. Eppure non è più un giovane. La sua pittura ha fatto il giro delle principali esposizioni collettive nelle diverse città d'Italia; i suoi affreschi sono conosciuti in numerosi ambienti religiosi e culturali. Ma questa mostra del "quarantenne" Tozzi è oltretutto una sorpresa. Sorpresa per quanti lo conoscono già come artista e restauratore, e sorpresa anche per molti che forse mai avevano sentito parlare di lui. E diciamo questo, poiché "la sorpresa" di Tozzi è quella di ritrovarsi dinanzi ad un artista che ha molte cose da dire, che, nonostante l'età, dipinge come un giovane (ma un giovane pensoso!), con forza ed ardore, sprigionando dal colore e dalla composizione note ed accenti di insolito vigore. Chi crederà di scoprire in questa pittura la mano dell'affreschista, si sbaglia. Perché Tozzi quando fa pittura da cavalletto, si può dire cambia (ma non si contraddice, beninteso!); è come un orizzonte che si apre per lui, e per noi che attraverso le sue opera, abbiamo la possibilità di affacciarci a questo "orizzonte".
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Nelle foto alcuni dei personaggi intervenuti alla mostra: foto N. 1 Fernandel ed il pittore Consolazione - foto N. 2 Il senatore Menghi firma il registro degli intervenuti con il pittore Tozzi di lato - foto N. 3 il Pittore Tozzi con il Vescovo Salvi ed il ministro Campilli
Nativo di Subiaco, ai primi del 900, ha seguito attentamente da vicino quella "rivoluzione" della Scuola Romana, di cui ancora oggi si avvertono le influenze. Nella mostra due opere ci confermano certe comunanze di intenti con Scipione e Barbieri, in un amore per il colore disteso, che si trasforma in tonalità, nell'assolvere una funzione squisitamente lirica.
Dopo l'esperienza romana, Tozzi posò il suo sguardo su certi paesaggi di Francia, amplificando qui la forza di quei rossi e rosati, che senza dubbio l'ambiente romano gli avevano suggerito. Ma la conclusione di tante diverse esperienze, Tozzi doveva trovarla nella sua città nativa, a Subiaco, a contatto d'un mondo, dove egli si sentiva parte integrante e vorremmo dire determinante. E qui, la pittura di Tozzi si libra in un volo più ampio: il colore diviene più movimento, la composizione si irrobustisce in una "luce tutta interiore", in altri termini l'artista comincia a far cantare la vita e la natura, ed a cantare lui stesso con questo mondo che lo circonda. Ed in questo canto, ogni elemento accademico è bandito, ogni schema "cerebrale" è messo da parte: Tozzi si sente libero. E il suo sentirsi libero è una adesione viva e sincera alla Natura. Questa alla "Fontanella" non è quindi solo la prima mostra personale di un artista, ma la manifestazione più concreta di chi ha ricondotto alla poesia il senso della vita e delle cose.
Franco Miele
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(Da Bello e Brutto - RAI - TV - 7 dicembre 1953)
Artista sicuro e personale è Benedetto Tozzi che espone alla "Fontanella". Egli appartiene al gruppo romano di Scipione, Barbieri, Fazzini, Zivieri, poi si isolò a Subiaco in un fruttuoso romitaggio: oggi specialmente alcuni paesaggi di intenso valore tonale si pongono accanto alle migliori espressioni della pittura attuale, al di là delle ricerche intellettualistiche, nel pieno rigoglio d'un profondo pittoricismo.
Valerio Mariani (Università di Napoli)
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(Da Il Giornale del Mezzogiorno - 7 dicembre 1953)
Alla "Fontanella" fa la sua prima personale Benedetto Tozzi un pittore che ha maturato a lungo e nel silenzio di Subiaco la sua arte. Compagno di Carlo Barbieri e di Scipione, ne ha assimilato la malia cromatica. Mentre si è liberato da quest'ultimo, resta legato al pittore pugliese tragicamente scomparso per la nervosità e la violenza del colore adoperato con bravura e scioltezza. E' un post-impressionista andato a scuola dai "selvaggi" ma con un piglio suo, che fa dimenticare le ascendenze anche ai più informati, una foga che trascina specialmente nei paesaggi costruiti con assoluta libertà. Nelle figure è meno efficace, ma è sempre coerente nel suo linguaggio lampeggiante che pare scaturisca da un terreno vulcanico.
Giacomo Etna
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(Da Il Secolo d'Italia - 9 dicembre 1953)
Da un lungo ritiro, da una vita appartata di concentrazione e di studio (dopo un primo periodo di contatti con alcuni ambienti artistici di Roma) Benedetto Tozzi presenta ora alla Galleria della Fontanella questa mostra di pittura che riassume circa un ventennio di attività. Portato alla ricerca intensa del colore egli non ha potuto limitarsi ad essa: una natura drammatica lo ha costretto a scavare in se stesso motivi più essenziali, risoluti della personalità. Evitando quindi lo scoglio degli estetismi, cui il colore preso in se stesso può condurre, tocca in alcuni di questi quadri vertici d'espressione cui non ci ha abituati nella maggior parte dei casi la pittura contemporanea, presa ancora in gran parte solo da preoccupazioni formali e dimentica dei molto più importanti risultati cui appunto i nuovi mezzi dati da questo periodo formalistico possono certamente condurre.
Il colore in questi quadri di Benedetto Tozzi è non solo colore ma plastica e non solo plastica ma plastica commossa, animata da forti motivi. Basterebbe una sola opera "Donna atterrita sotto il bombardamento" per assicurare il non comune livello dell'intera mostra. Questo non è un realismo facile, comodo, illustrativo: non è il neorealismo improvvisato: da un momento all'altro - non ha e non vuole avere a che fare con esso - ma trae origine da motivi come la guerra, le rovine, il bombardamento non retorizzati, vissuti. In questa figura di donna che fugge atterrita nella notte, che si protegge le braccia in gesticolazioni folli nell'oscurità resa rossiccia, sanguigna dalla luce dei razzi è il colore che gioca prima di tutto, il colore spontaneo, plastico, sinfonico uscito dall'animo di primo getto con un vigore e con una efficacia insoliti nei coloristi di oggi.
Giuseppe Pensabene.
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(Da Il Popolo di Roma - 12 dicembre 1953)
Di accesa colorazione Benedetto Tozzi mostra una personalità indiscussa attraverso composizioni audaci, a volte, e di notevoli effetti. E, sebbene le figure abbiano a volte dei rosso-sangue diremo violenti, Tozzi riesce ad essere totale nei paesaggi. Così il "Silenzio tra le rovine", il "Paesaggio sublacense" ed altri, denotano doti stilistiche vigorose e composte. La "Figura di donna" si staglia da un fondo scuro per campeggiare attraverso un volto reso con pennellate sicure, su canovacci impressionistici, mentre decisamente più aggiornati sono la "Bambina" e la "Deposizione".
Vice
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(Da il Popolo - dicembre 1953)
Dobbiamo confessare che non conoscevamo la pittura di Benedetto Tozzi, artista non più giovanissimo, anche se qua e la ne avevamo sentito parlare. Si tratta, comunque, di uno di quei pochi incontri che si ricordano volentieri, tra i molti, delle nostre gite nelle varie gallerie romane, se non altro per quella ventata di freschezza e di autenticità, ormai attesa solo dalla provincia. Il Tozzi va collegato all'ambiente della pittura scipionesca, che con Raphael e Mafai segnò una stagione non più dimenticata e non più ripetuta della pittura romana. Si vedano i due ritratti del 1930 collocati entro l'atmosfera calda delle terre bruciate senza però gl'improvvisi bagliori rosseggianti onde Scipione avvolgeva le sue fantasie morbose e irruenti. Anche in Tozzi la maturazione va prendendo rilievo dagli sbalzi cromatici ottenuti con il contrasto di toni alti e densi, distesi con pennellata morbida e fioccosa: L'atmosfera della "Deposizione" (e così del ritratto di Donna, della Cava fortemente stilizzato), oltre che per qualità compositive degne di nota, evoca barlumi e chiarori delle scene di Cristo giovane di Rembrandt, mentre il contrappunto luministico si spegne altrove per riassumere veste tonale, come nel quadro delle "Macerie". Diremo che l'attiva partecipazione del pittore all'opera sua, nei pezzi di migliore resa, è subito avvertita attraverso le solidali vibrazioni e cordiali simpatie, come avviene sempre nei rapporti schietti e sinceri. Buon segno, dunque, di interesse umano più che stilistico. E qui, forse, va sottolineato il limite della personalità del Tozzi, non conclusa in omogeneità di forme e di dettati, in queste avventure sentimentali non sempre disciplinate e dominate, in questo periodare eloquente ma non sempre marginato da imposizioni di scrittura individuale. Al Tozzi ripeteremo, come a noi lo ripetiamo, l'avvertimento di Baudelaire "Preds l'eloquence et tords lui le cou".
E. Francia
Alfabeto
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